LA MALATTIA DI CROHN PERIANALE

A cura del Dott. Andrea Braini Consigliere Nazionale SIUCP-ETS

 Il morbo di Crohn (MC) è una malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) che può colpire qualsiasi distretto dell’apparato digerente, ovvero dalla bocca alla regione anale.

A livello perianale il quadro clinico può essere complesso e variegato; nella maggior parte dei casi è rappresentato da una fistola o ascesso, tuttavia vi sono altre manifestazioni comuni quali voluminose marische (elephant ears), ragadi, stenosi sino alla seppur rara cancerizzazione. Infine il paziente con MC può essere affetto da patologie proctologiche non Crohn-correlate (es prolasso emorroidario) il cui trattamento deve essere il più conservativo possibile.

Circa un terzo dei pazienti affetti da morbo di Crohn presenta una localizzazione perianale che è tanto più frequente quanto più la malattia ha una localizzazione distale, arrivando a colpire fino il 90% dei pazienti che presentano un coinvolgimento del colon e del retto.

Spesso la fistola perianale è la prima manifestazione del MC, in particolare nella popolazione pediatrica e rappresenta un fattore di rischio per una malattia con andamento più aggressivo, condizionando in modo importante la qualità di vita del paziente e aumentando la possibilità di una derivazione intestinale (ileo/colostomia) a volte definitiva.

Nella patogenesi delle fistole nel MC, a differenza di quelle criptogenetiche, rientrano diversi fattori sia legati alla malattia stessa (difetti di riparazione mucosa, disordini immunitari, inadeguata clearance intramacrofagica dei batteri ecc.), sia al paziente (es fumo di sigaretta) che alle terapie (corticosteroidi, biologici ecc.).

Dal punto anatomo-patologico e classificativo le fistole nel MC nella sono complesse maggior parte dei casi (sino all’80%), con plurimi orifizi esterni e/o interni anche in sedi atipiche a differenza delle fistole criptogenetiche.

Anatomicamente si distinguono in base alla classificazione di Parks (Fig. 1), tuttavia è utile distinguerle in semplici e complesse, dove per fistola complessa (Fig. 2) si intende ogni fistola che non può essere trattata con una semplice fistulotomia/fistulectomia per ragioni anatomiche, per la sepsi locale o per il pericolo di incontinenza (es. fistole anteriori nella donna).

Clinicamente possono manifestarsi con una fase ascessuale (Fig. 3) caratterizzata da tumefazione perianale, dolore e febbre oppure in fase fistolosa (Fig. 4) con secrezione perianale, perdite ematiche e dolore.

La diagnosi, oltre che clinica, deve essere fatta con una accurata diagnostica per immagini. In particolare mediante TAC pelvica soprattutto in urgenza di fronte ad un quadro settico/suppurativo; con una RMN o ecografia transanale per una migliore definizione anatomica della fistola. La diagnostica per immagini è in grado di modificare l’atteggiamento chirurgico fino al 40% dei casi. La Fistolografia rappresenta un esame oramai soppiantato e non consigliato dalle attuali linee guida. Infine è di fondamentale importanza lo studio endoscopico del colon-retto, essendo la localizzazione rettale di malattia uno dei fattori prognostici più significativi sull’andamento della malattia perianale.

Il trattamento delle fistole perianali nel MC ha come fondamento un approccio multidisciplinare, pertanto va effettuato in centri di riferimento in cui esistano le differenti professionalità dedicate ed un team accreditato per la diagnosi e cura delle MICI. Infatti l’approccio terapeutico è sempre di tipo integrato medico-chirurgico che permette di migliorare notevolmente l’outcome clinico e la qualità di vita del paziente.

Il primo step terapeutico è il controllo della sepsi in caso di suppurazione perianale. A tal proposito è consigliabile drenare l’ascesso evitando di zaffare le cavità ma semplicemente posizionando dei drenaggi; inoltre, se non è facilmente individuabile l’orifizio interno, è da evitare il posizionamento di setoni alla cieca che potrebbero creare false strade, descritte sino al 30-40% delle fistole drenate in urgenza.

Di fondamentale importanza è la distinzione della fistola in semplice o complessa con le metodiche diagnostiche descritte, compresa eventualmente la visita in anestesia (EUA).

Il trattamento di una fistola semplice, in particolare se sintomatica e in assenza di proctite, rimane la fistulotomia o fistulectomia che porta a guarigione oltre il 90% dei pazienti.

Il trattamento delle fistole complesse deve essere sempre di tipo integrato medico-chirurgico. In tali casi il primo step, soprattutto se la fistola presenta delle raccolte, è il drenaggio con setone (Fig. 5) e successivo avvio di una terapia medica che può essere inizialmente basata su antibiotici specifici (es Ciprofluoxacina, Metronidazolo) e successivamente con farmaci biologici o tiopurine.

Il setone deve essere di tipo drenante (loosing seton) evitando di metterlo in trazione (cutting seton) a causa dell’elevato rischio di incontinenza (sino al 50% di vario grado), oltre al dolore che può condizionare la qualità della vita dei pazienti.

Una volta posizionati il o i setoni questi andranno mantenuti almeno per la fase di induzione della terapia medica, solitamente 6-8 settimane ed il paziente monitorato in particolare per lo sviluppo di una recidiva della sepsi che andrà nuovamente drenata con eventuale sospensione della terapia immunosoppressiva.

Una volta controllata la fase suppurativa ed iniziata la terapia con immunosoppressori vi sono diverse opzioni terapeutiche che andranno discusse con il paziente ed in ambito multidisciplinare.

Si potrà semplicemente rimuovere il setone con una percentuale di remissione del 30-50%, continuando con la terapia biologica (per almeno un anno).

Alternativamente, in particolare nei pazienti con malattia rettale attiva e non responder a terapia medica, andrà mantenuto in sede il setone che tuttavia non porterà nella maggior parte dei casi a guarigione della fistola.

Infine vi è l’opzione chirurgica per il trattamento definitivo della fistola. A tal proposito le tecniche a disposizione sono molteplici, in particolare da quelle tradizionali come il flap rettale o la fistulotomia/fistulectomia con cone-like excision a quelle sphincter preserving.

Le prime comportano rischi di incontinenza che arrivano sino al 50% in alcune casistiche.

Tra le tecniche sphincter preserving quelle più utilizzate sono la LIFT ovvero la legatura intersfinterica del tragitto fistoloso, la VAAFT (trattamento videoassistito della fistola), la FiLaC (trattamento laser del tragitto fistoloso) oltre a tutte le tecniche di riempimento con plug o sostanze biologiche. Sono state proposte anche iniezioni locali di farmaci anti-TNF che tuttavia necessitano di molteplici sedute.

Di più recente introduzione è l’utilizzo di cellule staminali sia allogeniche che autologhe (Fig. 6-7) che sembrerebbero dare dei buoni risultati soprattutto nel breve periodo, sempre in associazione con terapia immunosoppressiva.

Nei casi non responder alla terapia combinata, sintomatici, con stenosi anale associata è indicata una derivazione temporanea che tuttavia è risolutiva solo nella minor parte dei pazienti in cui si prospetta la proctectomia definitiva.

Infine da non sottovalutare il rischio seppure molto basso di cancerizzazione, in particolare nei pazienti con malattia perianale di lunga data, con stenosi anali non esplorabili, in caso di comparsa di secrezioni muco-ematiche o proctalgia intensa. In caso sospetto andrebbero eseguite biopsie seriate e, se positive, un approccio terapeutico oncologico multidisciplinare.

Bibliografia

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Cancer of the anus complicating perianal Crohn's disease Dis Colon Rectum2009 Feb;52(2):211-6

Perianal Crohn's disease

By Dr. Andrea Braini, SIUCP-ETS National Councilor

Crohn's disease (CD) is a chronic inflammatory bowel disease (IBD) that can affect any part of the digestive system, i.e. from the mouth to the anal region.

At the perianal level the clinical picture can be complex and varied; in most cases it is represented by a fistula or abscess, however there are other common manifestations such as voluminous elephant ears, fissures, stenosis up to the albeit rare cancerization. Finally, the patient with CD may be affected by non-Crohn's-related proctological pathologies (e.g. haemorrhoid prolapse) whose treatment must be as conservative as possible.

About a third of patients with Crohn's disease have a perianal localization which is more frequent the more the disease has a distal localization, affecting up to 90% of patients with involvement of the colon and rectum.

Perianal fistula is often the first manifestation of CD, particularly in the pediatric population and represents a risk factor for a more aggressive disease, significantly influencing the patient's quality of life and increasing the possibility of an intestinal diversion (ileus /colostomy) sometimes definitive.

The pathogenesis of CD fistulas, unlike cryptogenic ones, includes various factors both linked to the disease itself (defects in mucosal repair, immune disorders, inadequate intramacrophage clearance of bacteria, etc.), both to the patient (e.g. cigarette smoking) and to the therapies (corticosteroids, biologics, etc.).

From an anatomic-pathological and classification point of view, CD fistulas are complex in the majority of cases (up to 80%), with multiple external and/or internal orifices even in atypical locations, unlike cryptogenic fistulas.

Anatomically they are distinguished based on the Parks classification (Fig. 1), however it is useful to distinguish them into simple and complex, where by complex fistula (Fig. 2) we mean any fistula that cannot be treated with a simple fistulotomy/fistulectomy for reasons anatomical, for local sepsis or for the risk of incontinence (e.g. anterior fistulas in women).

Clinically they can manifest themselves with an abscess phase (Fig. 3) characterized by perianal swelling, pain and fever or in a fistulous phase (Fig. 4) with perianal secretion, blood loss and pain.

The diagnosis, as well as clinical, must be made with accurate diagnostic imaging. In particular by means of a pelvic CT scan, especially in emergencies when faced with a septic/suppurative condition; with an MRI or transanal ultrasound for a better anatomical definition of the fistula. Diagnostic imaging is able to modify the surgical approach in up to 40% of cases. Fistulography represents a test that has now been supplanted and is not recommended by current guidelines. Finally, the endoscopic study of the colorectum is of fundamental importance, as the rectal localization of the disease is one of the most significant prognostic factors on the progress of the perianal disease.

The treatment of perianal fistulas in CD is based on a multidisciplinary approach, therefore it must be carried out in reference centers where there are different dedicated professionals and an accredited team for the diagnosis and treatment of IBD. In fact, the therapeutic approach is always of an integrated medical-surgical type which allows the patient's clinical outcome and quality of life to be significantly improved.

The first therapeutic step is the control of sepsis in case of perianal suppuration. In this regard, it is advisable to drain the abscess without digging out the cavities but simply by positioning drains; furthermore, if the internal orifice is not easily identifiable, blind positioning of setons should be avoided as they could create false paths, described in up to 30-40% of emergency drained fistulas.

The distinction of the fistula into simple or complex through the diagnostic methods described has a fundamental importance, possibly including the visit under anesthesia (EUA).

The treatment of a simple fistula, particularly if symptomatic and in the absence of proctitis, remains fistulotomy or fistulectomy which leads to recovery in over 90% of patients.

The treatment of complex fistulas must always be of an integrated medical-surgical nature. In such cases the first step, especially if the fistula has collections, is a drainage with a seton (Fig. 5) and subsequent initiation of medical therapy which may initially be based on specific antibiotics (e.g. Ciprofluoxacin, Metronidazole) and subsequently with drugs biological or thiopurines.

The seton must be of the draining type (loosing seton) avoiding putting it in traction (cutting seton) due to the high risk of incontinence (up to 50% of various degrees), in addition to the pain which can affect the patients' quality of life.

Once the seton or setons have been positioned, they must be maintained at least for the induction phase of medical therapy, usually 6-8 weeks and the patient has to be monitored in particular for the development of a recurrence of sepsis which will need to be drained again with possible suspension of immunosuppressive therapy.

Once the suppurative phase has been controlled and immunosuppressant therapy has begun, there are various therapeutic options that will need to be discussed with the patient and in a multidisciplinary context.

The seton can simply be removed with a remission rate of 30-50%, continuing with biological therapy (for at least a year).

Alternatively, particularly in patients with active rectal disease and non-responders to medical therapy, the seton must be kept in place which however will not lead to healing of the fistula in most cases.

In the end, there is the surgical option for the definitive treatment of the fistula. In this regard there are many techniques available, in particular from traditional ones such as the rectal flap or fistulotomy/fistulectomy with cone-like excision to sphincter preserving ones.

The former entail risks of incontinence that reach up to 50% in some cases.

Among the sphincter preserving techniques, the most used are LIFT or intersphincteric ligation of the fistula tract, VAAFT (video-assisted treatment of the fistula), FiLaC (laser treatment of the fistula tract) as well as all the filling techniques with plugs or biological substances. Local injections of anti-TNF drugs have also been proposed which however require multiple sessions.

More recently introduced is the use of both allogeneic and autologous stem cells (Fig. 6-7) which seem to give good results especially in the short term, always in association with immunosuppressive therapy.

In symptomatic cases and non-responders to combined therapy with associated anal stenosis, a temporary diversion is indicated which, however, is only curative in the minority of patients in whom definitive proctectomy is considered.

Lastly the risk of cancerisation, although is very low, should not be underestimated, especially in patients with a long-standing perianal disease, with unexplorable anal stenosis, in the event of the appearance of mucus-blood secretions or intense proctalgia. In suspected cases, serial biopsies should be performed and, if positive, a multidisciplinary oncological therapeutic approach.

Bibliography

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